Domani si vota. Oggi termina una campagna elettorale brutta, tutta incentrata nella sfida tra il partito del cemento, quello delle fioriere e quello dell’”abbiamo governato bene“.
Con poco futuro e poche speranze, se non le “grandi opere” di una delle tre coalizioni e tanti, tantissimi attacchi personali. Una campagna che non accende passione sul futuro e che, nel nome del rilancio dell’occupazione, propone cantieri.
L’illusione economica delle grandi opere
«Prima di far partire qualunque tipo di cantiere per realizzare grandi opere – dice il noto bolscevico Giuseppe Sagaria, vice-presidente di Ascom Confcommercio, a Fabrizio Favre – chiedo di chiudere tutti quelli attualmente aperti in città. Diversamente si mette in ginocchio il commercio». Sagaria evidenzia la preoccupazione di parte della popolazione aostana per grandi opere che non vengono sentite come necessarie e che potrebbero dare la mazzata finale ad una città che respira affannosamente. Le cinque grandi opere proposte dall’alleanza UV, SA, FA, PdL e Lega rilanceranno l’economia e porteranno posti di lavoro? Stando alle ricadute dei cantieri nel medio periodo e delle opere nel lungo, probabilmente no. Ma nemmeno le idee vaghe dell’ALPE e di Sinistra per la città e quelle appena più dettagliate di PD e IdV faranno molto.
Prendiamo una ad una le grandi opere della coalizione UV.
Un ospedale unico, al posto delle tre strutture attuali, non creerà più indotto, ma permetterà un risparmio di costi per le casse pubbliche nel lungo periodo; farlo in centro, porterà esternalità negative sul traffico, la sosta e la qualità della vita, ma esternalità positive sul mercato immobiliare; farlo fuori, opzione ormai accantonata, avrebbe invertito i costi esterni.
Un nuovo palazzo della Regione – alzi la mano chi ne sente la necessità, a parte i nostri amministratori – non muoverà economia se non per chi lo costruirà.
Il teleriscaldamento si rivelerà opera fruttuosa, oltre che per Telcha e i suoi soci, anche per la qualità dell’aria, a condizione che non diventi una centrale elettrica, ma non creerà che pochi posti di lavoro.
Il metrò, se mai sarà realizzato, sarà un’opera succhia-soldi con ricadute minime in fatto di flussi, economici e turistici.
L’unica vera sfida, su cui tutti sembrano concordi, è l’università: quello dello studio è un mercato ormai maturo, nel quale era bene muoversi dieci o quindici anni fa, e nel quale arrivare oggi significa investire risorse sulla qualità e su corsi specifici e specialistici. Proprio ciò che dicono PD e ALPE e che Giordano ha ridotto a «prima che togliamo una pietra dalla vecchia caserma, gli altri vogliono già sapere il colore delle mattonelle».
Le proposte concrete che sono mancate
E’ triste, invece, pensare che nessuna delle tre coalizioni ha proposto soluzioni concrete per il piccolo commercio e per il turismo: ci si riempie la bocca di “cambiare ruolo della città” (UV e alleati) e di “città a vocazione turistica” (PD e ALPE) e poi ci si dimentica completamente di considerare le politiche per i pubblici esercizi, per il centro storico, per la valorizzazione dello straordinario patrimonio archeologico del capoluogo, per il mantenimento delle strutture ricettive esistenti che, oltre a perdere arrivi e presenze, chiudono a raffica.
In particolare, Aosta ha un problema concreto: i negozi, nella nostra grande e bella città turistica, la domenica sono chiusi. Succede solo da noi. Nel resto d’Italia, per non spingersi all’estero, gli esercizi nelle località turistiche – non tutte infatti possono mantenere le saracinesche aperte la domenica – in cui è possibile aprire anche nel week end, lo fanno. I bar, anche. Ad Aosta bere uno spritz alle undici di mattina di una domenica di maggio diventa rabdomanzia.
E’ un male strutturale, è un male da “benessere senza sviluppo“, proprio quello che l’UV cita nel programma (la fonte è Giuseppe De Rita). La soluzione? Una politica complessa di interventi di incentivo e disincentivo mirati, forse troppo complessa da spiegare. Non come le grandi opere, quindi.
Ci si pavoneggia con il “rilancio dell’attività turistico-congressuale“: ma dov’è finito il tanto decantato “Palais Aosta”, un intervento che sembrava così immediato da scatenare l’emergenza? Aosta non ha un palazzetto dello sport (anche se il PD, nel suo programma di coalizione, è riuscito a scrivere che desidera “potenziare il ruolo del palazzetto dello sport“; forse si riferisce al Palaindoor, struttura utile e di alto livello, ma che non è un palazzetto), non ha un centro congressi, non ha un auditorium (oh!), non ha uno stadio: è proprio necessario pensare ad un nuovo palazzo regionale o al metrò, quando nessuna – ripeto: nessuna – coalizione nemmeno sfiora l’idea di una di queste opere, ben più care alla cittadinanza e utili per creare sviluppo?
Cantieri, aiuole e turismo del silenzio
L’economia non si smuove con i grandi cantieri se non nelle aree depresse e sottosviluppate: la politica keynesiana suggerisce interventi monetari, non cementizi. Ovviamente un’economia lenta non si smuove nemmeno con le piste ciclabili o i parchi pubblici, ma favorendo l’intervento dei privati, incentivando i comportamenti virtuosi e disincentivando il freeriding e le opzioni clientelari. Si dà una scossa all’occupazione con iniziative concrete, sporadicamente legate al settore immobiliare, facendo rivivere le aree abbandonate della città, facendo sistema, migliorando l’arredo urbano e l’accoglienza, evitando che un bar che tiene aperto un’ora in più subisca novemila controlli.
Vedere esponenti politici che, nel 2010, predicano ancora la “politica turistica” del silenzio, fa venire i brividi.
Buon voto a tutti.
Post scriptum
Il titolo è dedicato a Bruno Giordano, che ha attaccato più volte la stampa «amica della sinistra» e i titolisti. Io non sono mai stato titolista, e si vede.
Chiamo il “people mover” metrò, perché di metrò si tratta. Wikipedia – così come altre enciclopedie più autorevoli – sostiene che metropolitana sia un “sistema di trasporto rapido di massa su ferro, a elevata frequenza di corse, circolante in sede propria e senza interferenze e regolato da sistemi di segnalamento e sicurezza della circolazione“. Quello di Aosta corrisponde esattamente alla definizione, o sono io che non ho capito nulla? Se preferiamo chiamarlo Pasquale, basta mettersi d’accordo, ma non c’è bisogno di offendersi.
Si vota, oltre che ad Aosta, anche in altri 67 Comuni valdostani.
esiste già “Un tram che si chiama Desiderio“, figuriamoci se non può esistere “un metrò che si chiama Pasquale”. :)
buon voto a tutti.