Ultima fermata, nella serata del 21 maggio al teatro Giacosa, per la coalizione di “Giordano Bruno” come, forse per scaramanzia, il candidato sindaco è stato ribattezzato da Leonardo La Torre sia nel comizio di apertura che in quello di chiusura.
Il viaggio dei «140 cavalieri dell’autonomia in tutto il territorio», coordinati da «cinque forze politiche, come cinque dita di una mano tesa al cittadino»: la suggestiva metafora anatomica di Augusto Rollandin. Figura retorica che muta, un po’ alla Mario Brega: «Le dita sanno anche chiudersi e dare un bel cazzotto in pancia».
Ce l’abbiamo solo noi ed è più lungo. Il programma
«Tutti gli aostani hanno dibattutto solo sul nostro programma»: la tesi di Rudi Marguerettaz, coordinatore di Stella Alpina, verrà ripetuta con varie formule da tutti i leader sfilati sul palco. «Vera unica proposta» per il presidente dell’Union Valdôtaine, Ego Perron; «L’ALPE ha battuto solo un punto del nostro programma», ribalta Guido Grimod, riferendosi al people mover, opera illustrata a pagina 20 del programma di coalizione, ma che nella scorsa serata è apparsa quantomeno in secondo piano, in confronto agli entusiasmi di inizio campagna. «Vorrei entrare nelle loro teste, per provare il nulla»: chiosa caustico Leonardo La Torre.
L’Union Valdôtaine governa da 20 anni saldamente il capoluogo, assieme a molti degli avversari di oggi del centro-sinistra; da praticamente sempre in Regione e, salvo rare eccezioni, ha mandato in Parlamento i suoi uomini. Se però la tratta ferroviaria Aosta – Torino non è efficiente il colpevole è Carlo Perrin: «Questi qua hanno la memoria corta – dice Rollandin – cosa hanno ottenuto in quei due anni decisivi che sono stati a Roma? Contavano su un voto decisivo, non sull’ottantesimo». «Nel 2006 - insiste Giordano – avevano un voto determinante per il governo, perchè non ci hanno portato la ferrovia?».
Mai detto metrò
«La metropolitana non c’è, potevano risparmiare le lenzuola, comunque poche, visto che ci tengono all’ecologia»: Giordano gioca sul fatto che il people mover è cosa diversa da un metrò. «Noi – continua il candidato – vogliamo fare le opere, loro sono solo interessati a chi le fa». «Con le aree verdi – spiega Ego Perron – non si arriva a fine mese, la gente deve lavorare»: le grandi opere sarebbero quindi una soluzione per l’occupazione. «Se non investi, come risani l’economia? – fa eco Giordano – non con fiori, vasi di gerani e piste ciclabili».
«I nostri avversari hanno l’ossessione dei buchi – Giordano a braccio, tra gli applausi – non fai a tempo a dire una cosa che loro sono già avanti. Per l’università non abbiamo ancora tolto una pietra e loro parlano già del colore delle mattonelle». Applausi che crescono quando l’assessore comunale uscente si riferisce ai giornali «non indipendenti: guardate che titoli continuano a sparare».
Anche le “sparate” di Antonio Di Pietro, non sono andate giù: «Demagogo di Roma, che ha fatto arrossire anche i suoi alleati»: lo apostrofa Guido Grimod. «Siamo stati oggetto di un avviso di garanzia da parte di chi disonora la classe dei magistrati»: la posizione di Giorgio Bongiorno, coordinatore del PdL.
Appendix leghista
Un emozionato Sergio Ferrero approfitta della presenza in prima fila dell’eurodeputato Mario Borghezio per snocciolare alcuni punti cari al suo movimento: «staremo attenti alla sicurezza, come ci chiedono i cittadini. I permessi di soggiorno saranno ben controllati, le residenze saranno difficili da ottenere, le espulsioni per chi non è in regola saranno più facili». «Speriamo che anche qui in Italia – ha continuato il coordinatore leghista – si riesca a fare come nella Francia di Sarkozy: vietare finalmente il burqa».
Anche Augusto Rollandin rivolge qualche parola al deputato: «Si fa un gran parlare su quanto costerà il federalismo, venite a vedere, noi qui lo interpretiamo da anni». Dal Presidente anche un monito: «Niente doppioni però, se si trasferiscono le competenze è inutile avere l’equivalente a Roma, quello non va!».
un prefetto che minaccia cazzotti in pancia agli avversari è un vero incitamento alla violenza: l’uditorio valdocalabrese del presidente non lo vedrà certo come una metafora, prenderà il tutto alla lettera! Rollandin, Borghezio, Scopelliti, sotto mentite spoglie son tornati i fascisti (o non se ne erano mai andati?)
Un Prefetto super partes!
Non avere paura Courthoud, i “valdocalabresi” sanno riconoscere una metafora ironica e non ti prenderanno a cazzotti, neanche quando il patetico piedistallo di cera sul quale ti ergi si squaglierà e tornerai sulla dura terra valdostana che tanto disprezzi.
La dura terra valdostana non sapete più cos’è… vi state abituando alla terra romana… da dove arrivano gli ordini… o magari anche più giù del Lazio!!!