Mercoledì 5 maggio, al salone del CCS Cogne di Aosta, ALPE ha proposto il suo punto di vista sulla metropolitana di Aosta, o people mover: qualche decina di slide proiettate per spiegare perché il sistema sotterraneo di trasporto a fune “non s’ha da fare” e per proporre delle alternative giudicate più valide e meno impattanti. Buona la presenza nella serata, introdotta dagli interventi di Roberto Louvin, Carlo Perrin e Davide Bionaz, non molto al di sotto di Union e alleati al Giacosa.
Due ore di dibattito acceso, tra battute e discussioni, che ha visto i due consiglieri uscenti – ricandidati a questa tornata – Mario Vietti e Gianpaolo Fedi analizzare gli aspetti ritenuti più controversi della grande opera, fiore all’occhiello del programma di coalizione capeggiata da Bruno Giordano e Alberto Follien.
Dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte
«Automated people mover fa molto americano, si tratta di un grosso buco con dentro un carrozzino su delle rotaie»: Vietti fa leva sulle sue doti comiche per elencare i punti deboli della grande opera. La prima obiezione è rivolta allo studio di fattibilità della società GeoData di Torino: «Non ci sono studi comparativi, per vagliare altre possibilità, non c’è un monitoraggio del traffico, né un sondaggio per testare il bisogno dell’opera da parte dei cittadini. Non ci sono i costi di gestione, né le stime sul volume del traffico».
«Immaginatevi due cabine, con la portata di 800 persone l’ora l’una, che vanno dal parcheggio di Pila all’ospedale»: un’altra critica è rivolta al rapporto tra la portata dell’opera e il reale bisogno di spostamento del cittadino aostano. «L’utilizzo giornaliero dei mezzi pubblici su gomma ammonta ad oggi a 4000 passaggi al giorno». Ne deriva quindi, sommando i due dati nella maniera più ottimistica, che «se anche ci fossero 3000 passaggi al giorno, il costo del singolo biglietto per pareggiare la spesa di gestione ammonterebbe a 4,4 euro, ma chi pagherebbe una tale somma per un tragitto che in un quarto d’ora si può percorrere interamente a piedi?». I costi del rosso, secondo ALPE, ricadrebbero sulle amministrazioni: «E’ come per l’aeroporto – dice Fedi – il loro raggionamento è “rosso per rosso, almeno facciamo qualcosa per l’immagine”».
«Un’opzione per la stazione intermedia sarebbe quella di Place des Franchises – spiega Vietti – ci vogliono dodici metri per dodici di spazio, sono andato a controllare: non ci sta. Lo studio prevede l’ingresso negli ex magazzini Aurora, sovrapposto all’attuale profumeria all’angolo. Non so se la signora che gestisce il negozio ne è a conoscenza: forse l’idea è quella di fare un “duty free”, vendendo Chanel e biglietti del metrò». Altre riserve sorgono sulla modalità dello scavo che, superando il diametro di 4,7 metri, a 12 metri di profondità, necessiterebbe dell’impiego di “talpe”, al posto dello “scudo a fresa” impiegato per diametri più piccoli. «Giordano dice che basta fare il buco, che serviva per il teleriscaldamento, più grosso – dice Carlo Curtaz – ma non è vero, per cominciare si passa da una spesa di 10 milioni di euro ad una di 50». Se si arrivasse alla soluzione “talpa”, lo studio di GeoData indica la possibilità di uno scavo a cielo aperto: «Immaginatevi - paventa Vietti – otto anni di scavo in via Croix de Ville».
Ultimo aspetto il disassamento della stazione ferroviaria e delle linee autobus con le entrate per il metrò: «Anche se la partenza sarebbe vicina all’entrata del parcheggio di Pila – dice Fedi – a quel punto conviene andare a piedi in centro, piuttosto che andare dalla stazione alla cabinovia a piedi, facendo il giro davanti alla Cogne. Poi ci sono le linee d’autobus che per la maggior parte non fermano nelle zone di accesso: abbiamo l’esempio di Perugia, che anche riordinando i tragitti per convogliare tutti i passaggi sul trasporto a fune deve sopportare lo stesso un costo di 3,3 euro per ogni biglietto, perché il numero medio di passeggeri è più basso di quello preventivato».
“Bien faire, laisser dire”
«Le alternative ci sono – dice Fedi – il problema per la coalizione di centro-destra è che costano poco». Il consigliere uscente dei Verdi punta sul «tratto della tangenziale sud, da Aosta est ad Aosta ovest gratuito, come la tangenziale di Torino, con un uscita sulla porta sud e parcheggio multipiano nell’area della funivia di Pila, con un sottopasso ciclo-pedonale sotto la ferrovia»: come voleva fare la giunta di Pierluigi Thiébat. «Priorità al cityporto e alla creazione di una rete di navette ecologiche, all’uso urbano della ferrovia come metropolitana leggera, al trasporto pubblico gestito a livello intercomunale e non regionale».
Il muro che divide la coalizione di Curtaz da quella di Giordano sta sull’idea di dove fare i parcheggi: «I parcheggi vanno fatti esterni al centro della città – dice il candidato sindaco dell’ALPE – loro da una parte propongono il metrò per decongestionare il traffico e dall’altra si prefiggono di costruire 900 parcheggi nell’area della nuova università e altri 800 sotto la nuova ala dell’ospedale».
«Milanesio - continua Curtaz - dice che i lavori di queste grandi opere occuperanno tre legislature. Io mi chiedo: queste incentiveranno il turismo? Aiuteranno il piccolo commercio del centro? Quale sarà la qualità della vita degli aostani?». C’è spazio anche per una risposta agli attacchi da parte dell’Union: «Questi arrivano da qualcuno – Curtaz si riferisce a Ego Perron – che quando ha incontrato il Galletto sulla sua strada è stato battuto. Adesso parlano di partiti del fare, partiti del no, queste cose le abbiamo già sentite, mi chiedo se siano andati a Roma per chiedere la concessione di certi slogan su scala locale». Nessuno, in due ore abbondanti, ha detto “Partito Democratico”, tranne una signora del pubblico che si chiedeva «dove è finita l’opposizione in regione della cosidetta sinistra?».
Iniziative non convenzionali
Sabato 8 maggio, alle 16, da piazza Manzetti il consigliere uscente di Aosta Viva Davide Bionaz e il capolista della Sinistra per la città Paolo Momigliano Levi proporranno un «itinerario per conoscere la storia urbana della nostra città»: durata un’ora e mezza suppergiù.
La coalizione di Curtaz e Morandi cerca dunque di puntare “alla ciccia”, come si dice in Toscana, un po’ per superare la retorica di destra e sinistra che ha caratterizzato l’inizio campagna in generale, un po’ per smarcarsi dall’attribuzione unionista di “partito del no/odio“ o forse semplicemente per declinare quella “P” di partecipazione, valore fondante del suo movimento principale, ultimamente messo in dubbio dalla coalizione avversaria.
«Lei cosa proporrebbe signora?»: domanda abbastanza inconsueta, ma diventata marchio di distinzione del gazebo autonomista progressista assieme a «qual è il tema che le è più caro?».
Funzionerà? Boh. Tutto si gioca su quanto i cittadini desiderino questo tipo di confronto pubblico.