Si pronuncerebbe “Alp”, ma come dice Guido Dondeynaz «anche Alpe va bene», non sottilizziamo. Per chi viene da Renouveau è un partito autonomista, per chi viene da Vallée d’Aoste Vive è autonomista di centro-sinistra, per i Verdi è ambientalista autonomista, ma è inutile speculare oltre: sarebbe come concentrarsi sul fatto che Cassano è un attaccante, Palombo è un centrocampista e Storari un portiere, senza prendere in considerazione il fatto che tutti e tre giocano nella Sampdoria.
ALPE, in questo periodo, sta catalizzando l’attenzione dei media locali: tante prime pagine, tanti articoli, tutti gli altri partiti (Mouvement compreso) a seguire ed inseguire, congratularsi, polemizzare, intimare.
Nel pieno del “work in progress” (si scusi l’inglese, ma “travail” era già preso) VdA Today ha scelto di sentire due giovani alpisti/alpitani/alpentalisti (sempre a seconda della provenienza) e fargli le domande d’obbligo nel caso in cui si formasse un partito autonomista, liberale (o libertario?), partecipazionista e ecologista. Roba da manuale del giornalismo, insomma.
Marco Gheller viene da VdA Vive, è un radicale di sinistra, cattolico e ha partecipato alle scorse elezioni regionali, prendendo suppergiù 350 voti; non male per un, allora, ventiduenne. Laurent Roulet, come molti Renouveau, viene dall’Union Valdôtaine, ma come molti altri, quattro anni fa, ha seguito Carlo Perrin nella nuova formazione. Figlio del consigliere regionale Patrizia Morelli, Roulet si sta concentrando ora a creare un’altra lista al Comune di Arvier, suo paese di provenienza, che finora aveva solo quella unionista.
Lo scacchiere dei comuni
Un’operazione cruciale, progetto primario di RV prima della confluenza, era per l’appunto quella di formare in ogni comune una lista alternativa. Roulet spiega: «L’obiettivo sono due liste in ogni Comune, anche solo civiche: non è nostro interesse andare a mettere per forza la nostra bandierina. Stiamo parlando di realtà, quelle dei paesi, che sono molto piccole e variegate e che hanno spesso storia a sé. Fare questo sarebbe già un gran bel risultato, soprattutto dal punto di vista della democrazia».
Questo risponde indirettamente alla polemica di Ego Perron, presidente UV, che accusava «una certa vergogna da parte dei cugini autonomisti a presentarsi sul territorio con la propria etichetta» e anche alle perplessità espresse dalla corrente minoritaria di RV, contraria soprattutto alla fusione con i Verdi, anche perchè considerava questa un ostacolo a formare le liste nei piccoli comuni, dove i Verdi avrebbero poco appeal.
Il tempo dirà se questa linea apparentemente più “leggera” non paghi di più in termini di consenso, considerando anche il fatto che, a fronte di uno stemperamento ideologico obbligato delle singole forze, l’operazione dell’ALPE dovrebbe triplicare gli iscritti; e i numeri, anche di più bassa manovalanza, nei partiti contano sempre. Insomma, per radicarsi in un territorio, un partito da 300 persone coordinate in maniera unitaria sarà più efficace di tre da cento? Si vedrà.
I conti non devono tornare
Gheller ripete come «l’unione tra le tre forze non deve risultare come una somma esatta, ma a queste bisognerà aggiungere il contributo della società civile», ovvero gente nuova, nuove forze: un terzo del direttivo del partito è infatti destinato a loro. L’ex arancione continua: «Dal 2006 si è perso molto tempo, ma non bisogna piangere sul latte versato: ora il partito c’è».
Essendo anche radicale risponde sulla defezione dell’associazione Loris Fortuna: «E’ innegabile che in tutti questi anni ci sia stato un logorio, Flavio Martino era un fautore del partito unitario e rimane un gallettista convinto, anche se per ora è scettico su questo modello. Bisogna però ricordare che, anche da esterno, è già stato in lista con VdA Vive – Renouveau nelle scorse regionali».
E’ probabile che la rinuncia di fusione sia da attribuire al fatto che non sia stata permessa la doppia tessera, forma cara ai radicali, ma scarsamente apprezzata da Roberto Louvin, memore dall’esperienza di “partito leggerissimo” della lista di Aosta Viva.
Excusatio semper petita: dalla Carboneria a Renouveau, da Renouveau all’ALPE
«Nell’Union Valdôtaine, per chi è buono e bravo un incarico lo si trova sempre. Guardate che saltar fuori non è facile, molti dicono cose come “sono sempre gli stessi”, ma Vallet e gli altri si sono fatti un mazzo così, solo per la gloria»: la conversazione si accende quando Roulet parla del periodo dell’opposizione interna all’UV, quando perriniani, vieriniani e, a parte, i caveriani lottavano contro la corrente di Augusto Rollandin per il controllo del partito.
«Mi ricordo ancora le riunioni da Carboneria» dice Roulet, snocciolando alcuni punti di una storia piuttosto complessa. «Tutto è cominciato quando si decise di dare la presidenza della Regione a Perrin, in quel modo lo si tagliava fuori dalla lotta per il partito. Quando poi, nel 2006, Perrin è diventato senatore col Galletto, grazie anche ai voti esterni dei vieriniani, nessuno nell’Union ha voluto cogliere il segnale, anzi si è scelto di dare a Rollandin la presidenza di CVA: il messaggio era chiaro, a quel punto abbiamo capito che l’opposizione interna non serviva più. Poi è arrivato Caveri, che facendo molti errori e non capendo come stava girando la partita ha permesso a Rollandin di venire fuori come l’anti-Caveri, l’alternativa. L’elettore unionista ha pensato: “al posto del giovane rampante, troppo mediatico, mettiamo l’uomo forte”».
Dal 2006 a oggi, i ponti con i dissidenti interni restati nel Mouvement si sono sempre più affievoliti, tanto che Roulet afferma che «gli attachi più duri provengono spesso da quella parte» e Renouveau (VdA Vive ha una storia diversa, perlopiù aostana) si è trovata a interloquire con le forze di centro-sinistra, non senza qualche problema: «forse ci sono state delle incomprensioni, ma si deve capire che molti militanti di RV vengono da esperienze di governo, non è facile trovarsi dall’altra parte senza poter muovere niente, tuttavia quando eravamo nell’Union, avevamo sempre l’idea di militare in un partito di centro-sinistra: la storia del “ni droite ni gauche” è arrivata negli ultimi cinque anni». Gheller aggiunge: «l’unico rischio a sinistra sono le discussioni lunghe, ma i governi cadono al centro».
Anche nei confronti di quei Verdi, tra cui Titti Forcellati, che si sono astenuti alla creazione dell’ALPE perché troppo autonomista, il clima è di distensione: «Meglio che i dubbi vengano fuori subito, in modo che si possano chiarire. Ormai ogni partito che si rispetti ha una politica ambientalista, di più un partito che si dichiara autonomista non può non essere sensibile alle tematiche ecologiche».
«Dear Democrats, we miss you»
«Ci rendiamo conto che costruire un’alternativa, soprattutto ad Aosta, senza il PD è difficile» l’ammissione è immediata e condivisa da entrambi gli intervistati. «Adesso i democratici stanno riprendendo il discorso che facevano alle europee sul fatto che non si debba permettere che l’Union vada a destra, ma tenere una politica del genere su due livelli, coniugando l’opposizione in Consiglio Valle è dura», Roulet si mantiene diplomatico. Gheller aggiunge: «Noi abbiamo sicuramente bisogno di loro, ma anche loro hanno bisogno di noi». Con il PD quindi, si continua sulla linea delle “porte aperte“: è di ieri la proposta di Gianpaolo Fedi di chiedere ai democratici di partecipare alle primarie per il candidato sindaco.
Sulla probabile svolta a destra dell’UV, dovuta soprattutto al celebre “tesoretto” del patto di stabilità, la risposta di Roulet è secca: «E’ mercanteggiare l’Autonomia, niente di buono, la nostra idea di Autonomia è ben distante dal sedersi accanto a Maroni e sgomitare».
Road to elections
Si affilano dunque le armi a sinistra, in vista delle prossime comunali e paradossalmente la possibile scelta dell’Union Valdôtaine di allearsi col PdL potrebbe annullare “l’effetto Democrazia Cristiana”. Un processo che vedeva al centro il grande partito autonomista a dividere le opposizioni tra schieramenti troppo lontani (le sinistre e il PdL appunto). Ora che probabilmente l’UV sceglierà una parte, dall’altra, soprattutto ad Aosta, potrebbero arrivare sorprese, e un ricompattamento della gauche, fino a qualche giorno fa assolutamente improbabile, potrebbe diventare realtà.
… e per quanto riguarda il candidato sindaco ad Aosta? Toto-candidati?
Speriamo che escano volti nuovi (ci vuole un ricambio, un rinnovamento… è evidente che ci sono sempre gli “stessi”), l’ideale sarebbe una donna…
quindi mi permetto di fare un appello ad ALPE:
Candidate alle primarie gente NUOVA (e per nuova intendo anche gente che ha appena intrapreso la strada della politica, consiglieri comunali attuali, ecc)
L’importante è che, tra queste persone, ci siano anche donne.
Siamo in tanti a pensarla così, siamo stufi di essere rappresentati sempre dalle stesse persone.
Ovviamente candidate SOLO gente di AOSTA, non avrebbe senso candidare persone che non sono di Aosta.
Beh io spero che un pò di novità esca fuori e soprattutto un pò di idee costruttive… Speriamo..