Riceviamo e pubblichiamo una lettera, in cui un lettore esprime i suoi pensieri sull’evoluzione della politica in Valle d’Aosta.
Morire, ma non suicidarsi!
Mi permetto di esporre le mie idee.
Siamo una piccola Regione decentrata e con pochi abitanti (siamo circa la 500esima parte della popolazione italiana). Il nostro temperamento di montanari e la nostra storia ci hanno fornito una situazione unica in Europa (a parte il Sud Tirolo) e quindi dopo lotte abbiamo ottenuto lo Statuto di Autonomia.
Le grandi possibilità economiche e culturali derivanti dall’Autonomia amministrativa le abbiamo utilizzate solo in parte. Finito il grande boom del dopoguerra dovevamo gestire nel modo migliore del possibilità offerte dal nostro Statuto.
Negli anni ’70 in Valle c’erano quattro realtà economiche molto importanti:
- la Cogne, con circa 5.000 operai vicini ai partiti di sinistra;
- il turismo, in piena espansione, che trascinava l’attività dell’artigianato edile;
- l’agricoltura, povera di idee innovative e che era di supporto indiretto al turismo (attraverso le seconde case);
- la burocrazia, l’attività di servizio quasi tutta “romana”, ma si stava affacciando quella valdostana.
Negli anni ’80 la Valle riceve un “dono” straordinario: il riparto Iva dell’autoporto. E’ in arrivo una valanga di denaro. Tutto regolare, secondo lo Statuto che assegna alla Valle il 90% degli introiti di tasse versate in Valle (anche da imprenditori di altre Regioni d’Italia).
Cosa pensano e fanno i politici nostrani? Forse in buona fede (ma il dubbio è lecito, secondo Andreotti) alcuni capi dei movimenti politici vanno in due direzioni:
- promuovere nuovi insediamenti industriali per bilanciare la crisi occupazionale della Cogne e dare lavoro anche ai molti disoccupati della bassa Valle;
- promuovere lo sviluppo di servizi regionali per occupare gli impiegati che non trovano posto in attività terziarie (negozi, uffici privati).
Quanto sopra sono le motivazioni ufficiali, ma esaminiamo il contesto politico in Valle negli anni ’80. Ci sono quattro gruppi, il più forte è quello gravitante intorno alla Democrazia Cristiana, il secondo è quello operaio gravitante intorno al Partito Comunista , il terzo comprende artigiani, commercianti, agricoltori, eccetera, ed il quarto l’Union Valdôtaine. C’è un altro gruppo non definito politicamente ma molto importante in Valle : i calabresi e gli “italiani” impiegati nell’attività statale.
Tenuto conto di quanto sopra alcuni illuminati politici valdostani:
- creano una finanziaria regionale, con il compito di partecipare e quindi controllare nuove attività del settore terziario, assegnando posti di lavoro sotto controllo indiretto della Regione;
- distribuiscono l’indennità (come fosse una malattia) per chi conosce (ma non parla o usa) il francese.
In tal modo il settore politico che ne ha avuto più vantaggio è l’Union Valdôtaine che sempre di più ha il predominio della nuova economia della Valle. Dispone quindi di nuovi posti di lavoro, potendo così convincere i vecchi elettori operai, contadini ed immigrati a votare per le forze autonomiste.
Oggi la situazione è ingessata dal punto di vista economico e politico. Proporre la via dell’iniziativa privata è considerata una follia soprattutto dai giovani. Chi è ancora interessato a mettere un’attività in proprio con tanti rischi quando è più semplice farsi assumere da “mamma Regione”?
Quali sono quindi le prospettive dei giovani ? Quasi nessuno vuole fare i lavori manuali e chi ha studiato cercherà di emigrare in zone dove l’attività imprenditoriale è valutata. Non c’è più nulla da fare, perchè la basi stesse dell’Autonomia sono state tradite da un comportamento economico senza avvenire. Non abbiamo mai intrapreso relazioni commerciali robuste con i Paesi francofoni e non abbiamo installato imprese valdostane produttrici di ricchezza. Il servizio burocratico ha una ragione di esistere se c’è una robusta economia che produca ricchezza, qui in Valle chi produce ricchezza?
Ferdinando Benzo, Aosta
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