L’Associazione Libero Pensiero di Aosta è un neonato gruppo di rompiscatole. Attenzione, non fraintendiamoci, “rompere le scatole” non ha un’accezione per forza negativa, dipende sempre che scatole si rompono e come lo si fa.
Stefano Ferrero, presidente dell’associazione, e gli altri associati hanno raccolto una decina di centimetri di carte (per lo più atti e delibere comunali) inerenti alla costruzione dell’opera di valorizzazione, preservazione e copertura dell’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans, ad Aosta, le hanno studiate e le hanno confrontate con la normativa vigente in materia, consultandosi con esperti nei passaggi più delicati. Dopo l’atto molto pratico di raggrupparle in una cartellina di plastica e imbustarle, le hanno spedite alla Corte dei conti e alla procura. E denuncia fu.
Trenta pagine per capire
Nella sezione “file” del meetup valdostano degli amici di Beppe Grillo sono sintetizzate le questioni emerse da questa verifica, presentata al pubblico dell’Hostellerie du Cheval Blanc giovedì scorso, 26 novembre. La storia è ventennale e parte dal 1989 per arrivare ai giorni nostri: l’ALP denuncia alcune presunte irregolarità da parte dell’amministrazione nello scegliere il progetto da realizzare, da parte dei progettisti nell’adempimento dei lavori, e negli stessi rapporti tra i due.
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Entrando nel dettaglio, si cercherà qui di sintetizzare i punti salienti della denuncia, sulla quale la magistratura contabile e quella ordinaria si dovranno pronunciare.
Il bando di concorso
L’ALP denuncia subito una irregolarità nella scelta del progetto dell’architetto Francesco Valletti. Il bando (per la precisione all’articolo 4, comma 3) non permetterebbe la “partecipazione di tutti coloro che abbiano rapporti di collaborazione professionale con i componenti della giuria”. All’epoca del concorso, l’architetto Valletti aveva già in corso diverse collaborazioni e consulenze con la Regione Valle d’Aosta. Il presidente della giunta era allora Augusto Rollandin, il quale di diritto faceva parte anche della commissione valutatrice dei progetti per l’area. Sulla questione il presidente, interpellato nei giorni scorsi da Laura Secci (La Stampa), ha tagliato corto: «L’ammissibilità non è stata vista politicamente, ma da un punto di vista tecnico e il progetto di Valletti è stato ritenuto il più valido dalla commissione».
La legge sulle aree archeologiche
Secondo Libero Pensiero l’area megalitica non dovrebbe avere tre piani.
Due motivi: il primo è che nel bando di concorso era espressa la volontà di premiare il progetto con minor costo di realizzazione e di manutenzione, il secondo, più controverso, è una legge regionale del 1983 che si esprime in materia di aree archeologiche.
Se nella prima parte la legge sembra dare ragione all’ALP, la seconda parte sembra invece darla all’amministrazione. Sull’interpretazione di questa legge, se partirà un procedimento, si giocherà molto: “Nelle aree archeologiche individuate ai sensi dell’articolo 5 è ammessa solamente l’esecuzione di opere dirette a proteggere e rendere accessibili al pubblico i reperti archeologici che debbano essere conservati “in situ”. Tali opere non sono soggette a limiti di volume, di superficie coperta, di altezza e possono essere costruite anche sui confini di proprietà, fermo restando quanto disposto dal codice civile in ordine a luci e vedute, senza arrecare pregiudizio alle proprietà confinanti in ordine ai veicoli di carattere urbanistico da rispettare“.
Inadempienze non contestate
Il progetto esecutivo dell’opera doveva essere sottoposto alla Regione dall’architetto Valletti entro il 29 febbraio del 1992, ma questo arrivò soltanto il 31 dicembre 1996. Secondo l’ALP, il ritardo sarebbe un’inadempienza per la quale la Regione doveva chiedere una penale al progettista. Secondo l’amministrazione però, il ritardo è giustificato dal ricorso fatto da altri aspiranti progettisti al risultato del concorso di cui sopra.
Altre inadempienze non contestate a dovere sarebbero quelle dovute ad errori di progettazione che hanno fatto aumentare i costi di 3 milioni 500 mila euro, una bella fetta dei 12 complessivi preventivati per la realizzazione dell’opera. Per via di ritardi e inadempienze, la ditta che doveva compiere i lavori di costruzione, impossibilitata da alcune misurazioni errate, ha ottenuto 880 mila euro di risarcimento dalla Regione.
Secondo l’ALP questi errori progettuali, che hanno causato tre perizie suppletive (in soldoni, atti in cui si decide di spendere del denaro in più), siccome superavano il 5 per cento del costo dell’opera previsto dalla legge, avrebbero dovuto essere risarcite direttamente dal progettista. Valletti, sulla Stampa, si difende scaricando la responsabilità sugli ingegneri che avrebbero dovuto interpretare il progetto: responsabilità ovviamente rimpallate. Tutto resta da accertare. Augusto Rollandin afferma: «Questi errori sono emersi in un secondo tempo, ne abbiamo già chiesto conto al progettista»
Il condominio “La Rochère” di via Italo Mus
E’ da tempo aperto un contenzioso tra i proprietari del condominio “La Rochère” (che sorge in via Italo Mus, che corre sul lato est del sito archeologico) e la Regione. Il condominio sarebbe stato danneggiato dagli scavi troppo vicini per la costruzione delle fondamenta dell’opera, e dai volumi eccessivi, che arrivano a pochissimi metri dalle finestre dei primi tre piani, sul lato ovest dell’abitazione. I condomini denunciano da anni molteplici disagi, iniziati ben prima dei lavori per l’attuale cantiere, e temono la svalutazione delle proprie abitazioni a causa della ridotta visuale che l’opera compiuta comporterà, ma non solo: ci sarebbero rischi per la funzionalità di fogne e acquedotto. L’amministrazione ribatte che al contrario la zona subirà una rivalutazione grazie al polo museale di importanza europea.
Lezioni di opposizione
I “liberi pensatori” Stefano Ferrero e Roberto Cognetta, sentiti da chi scrive, se la prendono soprattutto con il lavoro svolto dalle opposizioni in questi anni, che hanno contestato l’opera dal lato “faraonico”, dimenticando o tralasciando le procedure adottate: «Il ruolo dell’opposizione è quello di guardiano della maggioranza, ma spesso qui in Valle questo non avviene».
E aggiungono, infine, che «non si fa opposizione votando “no”, agitandosi e scendendo in piazza, per poi tornare a casa tranquilli, pensando di aver svolto il proprio lavoro. Bisogna cercare le carte, lavorando e denunciando gli errori della maggioranza e andare a fondo nelle questioni».
Bello! E complimenti per le foto.
Finalmente un bell’articolo sull’argomento! E’ più che mai confortante notare come cittadini “semplici” si facciano carico di compiti altrui, vedi alle voci giornalisti e politici.
Grazie a nome di noi abitanti del quartiere… questo orrore viene costruito sulle nostre teste e sulla nostra pelle senza alcun diritto!